Oggi, 16 settembre, ricorre l’ottantesimo anniversario del primo lancio dal Campo dei Fiori. Ben nove alianti decollarono alle 16,30 per atterrare alla Schiranna dopo circa 20 minuti di volo.
Ecco come Plinio Rovesti, uno dei protagonisti del lancio, raccontò la storica impresa in un articolo pubblicato sulla rivista Volo a Vela n. 165:
Il 16 settembre 1934, dopo mesi di febbrile lavoro, il Gruppo di volo a vela “Tommaso Dal Molin” lanciò dalla vetta del Campo dei Fiori, nel breve volgere di dieci minuti, ben nove alianti anfibi: il “Roma” ed otto “Anfibio Varese”, pilotati rispettivamente da Plinio Rovesti, Giuseppe Burei, Mario Putato, Siro Casale, Giuseppe Negri, Carlo Poggi, Luigi Nazzari, Giorgio Mermet e Tino Gada (i piloti sono stati elencati nell’ordine di lancio).
Chi dalla strada che porta al Campo dei Fiori, quella domenica mattina del 16 settembre 1934, ha rivolto lo sguardo alla cima del monte, ha subito intuito che qualcosa di eccezionale si stava preparando, poiché tante ali bianche brillavano lucide e nette sul verde pendio, come in attesa di spiccare il volo verso il cielo. E’ intorno a quelle ali, un gruppo di giovani affacendati in un paziente lavoro di montaggio ed una discreta folla di curiosi davano alla scena movimento e brio.
Ognuno ebbe l’impressione che la prova che si stava preparando doveva superare tutte le precedenti manifestazioni volovelistiche del Gruppo di Volo a Vela Tommaso Dal Molin e costituire una nuova affermazione della tecnica costruttrice lanciata dai volovelisti varesini sotto la guida dell’allora Capitano del Genio Aeronautico Ing. Angelo Mori .
Verso le 15 pomeridiane i nove alianti erano in perfetto ordine e pronti per il volo. Ma i lanci non ebbero luogo che alle 16,30. Dopo aver indossato i paracadute i piloti salirono sugli apparecchi. A terra, per una decina di minuti ancora, rimase soltanto Tino Cada, addetto alle manovre di lancio. Tutt’intorno era una folla numerosa di villeggianti, che seguiva con vivo interesse i preparativi delle partenze.
Ecco: ora i giovani volovelisti varesini si attaccano con energia ai cavi elastici, che sotto il loro sforzo si tendono sempre più. Un comando secco. II primo aliante saetta rapidissimo e maestoso verso l’alto. Sono le 16,30.
La manovra è perfetta. L’entusiasmo della folla occasionale e dei giovani volovelisti varesini è immenso. Le grandi ali bianche, una alla volta si librano nell’aria; quei giovani piloti, lassù tra cielo e terra, in una luce ed in un silenzio senza confine, naviganti con tranquilla sicurezza come sopra navi di sogno, tutto questo fa sentire ai presenti la stupenda poesia di questi ardimenti che traducono nella realtà le audaci fantasie dei poeti.
Ultimo a lanciarsi è Tino Gada, che dopo aver diretto le operazioni di lancio degli otto suoi compagni di volo, sale sull’ultimo “Anfibio Varese” rimasto a terra, e chiude la serie degli involi.
Gli alianti favoriti dalla corrente originata dall’incontro di una leggera brezza da Sud-Ovest col pendio del monte, per un poco non perdono quota. Usciti da questa zona virano a sinistra, puntando su Sant’Ambrogio Olona e iniziando una dolce planata dietro la scia del “Roma”.
Rovesti, in testa alla formazione, grazie alla maggiore apertura alare del suo aliante, va perdendo quota più lentamente degli otto “Anfibio Varese”, che procedono in pattuglie di tre, scalati di una cinquantina di metri l’uno dall’altro.
Su Sant’Ambrogio il “Roma” trova qualche leggera ascendenza che fa guadagnare qualche metro di quota all’aliante. La pattuglia dei tre “Anfibio Varese” che lo seguono, sotto la guida di Giuseppe Burei (il compianto pilota collaudatore dell’Aeronautica Macchi, scomparso qualche anno dopo nel corso di un volo di collaudo), compie una virata di sondaggio sullo stesso punto, senza però trovare nulla di notevole e, seguendo l’esempio del “Roma”, prosegue direttamente verso la città di Varese.
Frattanto, il gregario di destra della pattuglia Burei, si stacca dalla formazione e si dirige verso il lago di Varese, dove ammara per primo (questo pilota sarà poi denominato dai suoi compagni di volo: “aquila solitaria”)…
Il penultimo partito, Giorgio Marmet, vira anzi tempo a sinistra, ed avvicinatosi troppo al costone montano, urta con l’ala contro un folto cespuglio… sul quale si adagia. Tino Gada, dopo aver sorvolato il punto di impatto dell’aliante di Mermet, vedendolo incolume al suolo, insegue la pattuglia dei sei “Anfibio Varese” e la guida verso la città.
Intanto Rovesti aveva raggiunto col “Roma” la verticale dei giardini pubblici, sui quali stava compiendo ampie spirali. Era questo il punto di ritrovo della formazione. Ogni aliante, ad una cinquantina di metri dalle cime dei pini che sovrastano la parte più alta della collina, doveva abbandonare la formazione e planare verso il lago di Varese, cercando di ammarare nelle acque antistanti l’idroscalo Macchi della Schiranna. La manovra per tutti perfetta. II volo, che si protrasse per circa 20 minuti sul cielo di Varese, si concluse così felicemente. Di mano in mano che gli alianti ammaravano venivano ricuperati da un motoscafo ad ammassati davanti alle aviorimesse dell’idroscalo. Questo primo pionieristico esperimento, fu in seguito raccolto ed all’estero imitato da altri, non solo in campo sportivo ma anche in campo strategico militare.